Formazione

Tre “cartoline” dal confine birmano

Il ciclone tropicale Nargis

di Carlotta Jesi

Raid to protectChe la si chiami ?responsibility to protect?, come fa Bernard Kouchner proponendo di violare lo spazio aereo birmano con voli umanitari, o ?raid to protect?, come il Papa ha definito l?imperativo di garantire assistenza alle vittime di guerre, dittature e catastrofi naturali parlando al Palazzo di Vetro, il risultato non cambia: l?attualità insegna che la macchina umanitaria non può arretrare davanti al principio della sovranità dello Stato nei confronti del diritto umano. «La Birmania è un punto di non ritorno: bisogna lavorare alla definizione di un governo mondiale fondato sul rispetto dei diritti umani personali», spiega Gianni Vaggi, direttore del master in Cooperazione allo sviluppo di Pavia. E attenzione, perché la Ue non intende perdere tempo: Javier Solana, responsabile della politica estera, ha dichiarato che intende usare «qualsiasi mezzo, e qualunque cosa è necessaria, per aiutare le vittime di Nargis».

Cooperanti in cravattaBusiness visas. In mancanza di un visto per ?emergenze umanitarie?, non previsto dalla giunta, ai cooperanti internazionali non resta che entrare in Birmania con un visto per motivi di business. Il permesso normalmente rilasciato ai ?contractor?, vigilantes armati alle dipendenze di aziende straniere che vincono gli appalti per la ricostruzione di un Paese. Tempo d?attesa: infinito. L?11 maggio, a più di una settimana dal ciclone, su 26 ong in attesa di entrare in Birmania, solo 3 avevano ottenuto il visto. E le cose non vanno meglio per il personale Onu: via libera accordato a 1 operatore su 24 in lista d?attesa.

Il peso del dollaro deboleA rendere difficili gli aiuti ci si mette anche l?economia: il dollaro è di 12,5 punti di percentuale più debole che al tempo dello tsunami, e meno 16% rispetto al bath thailandese, la moneta con cui molte ong intendono approvvigionarsi di cibo e materiali di aiuto. Le ong, già: le molte sigle in attesa di un visto a Bangkok contribuiscono ad alzare i prezzi di cibo e altri beni in Thailandia e in Birmania. Aggiungete al dollaro debole l?aumento del prezzo di riso e cereali e di quello del greggio necessario a spostare i convogli e capirete l?allarme del vicepresidente dell?American Refugee Committee: «Fornire aiuti costa sempre di più».


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